Quanto è grave una molestia

La vicenda delle molestie sessuali, delle confessioni e delle denunce a catena nel mondo dello spettacolo, è molto più grave e pericolosa di quanto si possa pensare.
Pericolosa soprattutto per come viene trattata, recepita e commentata.
Siamo, purtroppo, tristemente abituati a vedere donne che hanno subito abusi e molestie passare nello spazio di un niente da vittime a colpevoli (“sì ma lei ha provocato”, “sì ma cosa c’era andata a fare lì” “sì ma se stava a casa sua tutto questo non sarebbe successo”), ma in questo caso c’è un passaggio ulteriore, ovvero l’insinuazione, tanto in maniera subdola e sottile quanto in modo truce e volgare, che la molestia non sia in fondo qualcosa di così grave e così serio da meritare così tanta attenzione né da meritare di diventare materia giudiziaria.
Un abominio così vergognoso è il risultato di una sorta di “processo mentale collettivo” tanto assurdo quanto consueto, che si ripropone identico e immutabile per le questioni più disparate. All’inizio scoppia uno scandalo di portata vasta o gigantesca, che coinvolge persone più o meno note. Segue indignazione totale, assoluta e unanime. Si chiedono, o meglio si urlano, pene esemplari, torture medievali per i colpevoli, generalmente additati come emissari di Satana. Poi però succede che lo scandalo si allarga a macchia d’olio, ingloba un numero esorbitante di persone, insospettabili compresi. Il fatto che siano colpevoli così in tanti porta a pensare che TUTTI siano colpevoli, che quelli nemmeno sfiorati dallo scandalo non siano innocenti, ma semplicemente più furbi, più protetti e più fortunati. Scatta uno strano processo di identificazione verso gli inquisiti. Nella percezione della massa la colpa inizia ad assottigliarsi, il reato non appare più così grave. In fondo, si pensa, se lo fanno tutti non può essere una colpa. E per concludere, ciliegina sulla torta, i colpevoli vengono santificati, mentre i veri colpevoli diventano le vittime e chi ha avuto il coraggio di indagare, svelare e denunciare.
È successo, tanto per fare un esempio, per Tangentopoli. Iniziò con manifestazioni oceaniche di sdegno e lancio di monetine contro i politici corrotti e finì con la messa alla gogna del pool di Mani Pulite.
Con la vicenda delle molestie sessuali nel mondo dello spettacolo sta succedendo qualcosa di molto simile. L’indignazione iniziale è svanita, e comincia a farsi strada l’idea che in fondo quel mondo va così, e che vuoi farci, “quelle” che decidono di intraprendere questa strada sanno a cosa vanno incontro e che senso ha ripensarci a tanti anni di distanza. Le colpevoli diventano così le attrici molestate, con l’aggravante senza appello di essere belle, ricche e famose. Ovvero: da quella molestia ci hanno guadagnato, perché adesso si lamentano?
E così si inizia a pensare che la molestia, chiunque e dovunque la subisca, non sia poi così grave. Che non sia un trauma che la vittima vive con vergogna e che quella stessa vergogna le impedisce, spesso e volentieri, di parlarne, confessarlo, denunciarlo.
Che la molestia, ovunque avvenga, non sia nemmeno un reato.
Che un uomo che abusa del proprio potere molestando sessualmente e chiedendo prestazioni sessuali in cambio di carriere e favori, in fondo non faccia nulla di male. Mentre una donna, che quegli approcci li subisca o li accetti consapevolmente, sia comunque colpevole.
Che essere donna, in ogni caso, è sempre e comunque la più terribile delle colpe.

#resistenzeRiccardoLestini

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