Gloria Gaynor – “I will survive”

Lei è Gloria Gaynor e questo pezzo – manco a dirlo il più celebre del suo sterminato repertorio – è uno di quei brani che – in ogni tempo, in ogni parte del mondo, in ogni locale, in ogni festa, tanto nella discoteca di ultra tendenza quanto alla festa delle medie – riesce a far ballare chiunque.
Una di quelle canzoni con cui ogni dj è sicuro di riempire la pista e scatenare il pubblico, di qualsiasi tipo, orientamento, età ed estrazione esso sia.
Una canzone che abbiamo ballato così tanto e così tutti da non fare più caso (o da non aver mai fatto caso) a ciò che dice e a cosa vuole comunicarci.
Peccato, perché è davvero un bel testo. Soprattutto, un testo importante, specie se rapportato all’epoca in cui fu scritta (1978), ma in definitiva, come tutte le belle canzoni, validissimo e attualissimo ancora oggi.
Un inno orgoglioso e rabbioso all’importanza di essere sé stessi, alla scoperta del proprio io, della propria unicità. Un inno potente alla presa di coscienza di come l’amore, la vita di coppia, non sia annullamento nell’altro, non sia necessità di cambiare. Alla presa di coscienza di come chi ci chiede di cambiare non ami noi, ma sia innamorato di sé stesso con noi.
Un grido liberatorio di coerenza e indipendenza che, non a caso, divenne sia un inno femminista sia un must della comunità gay.
Guardate la sequenza finale del film “Sarà il mio tipo?” (film francese assolutamente splendido malgrado la sciagurata traduzione del titolo), dove la protagonista urla questa canzone con tutta la rabbia che ha in corpo. E con il testo che passa in sovraimpressione.
Poi tornate a ballarla.
Ma, stavolta, senza dimenticare cosa dice.
E senza dimenticare di essere voi stessi.
Sempre e comunque.

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