C’era una volta la “B2”

Questa è storia d’una manciata di anni fa. Appena trenta o giù di lì.
Eppure, già storia d’altri tempi.
Tempi di calzettoni senza parastinchi, di magliette larghe e sformate, senza nome e numerate dall’1 all’11, dove a ogni numero corrispondeva rigorosamente un ruolo, una posizione.
Tempi di contratti senza clausole milionarie, di presidenti col blocchetto degli assegni in tasca, dove se si pagava un giocatore 14 miliardi (di lire, mica di euro), si strabuzzavano gli occhi e pareva una cosa folle e fuori dal normale, pure se il giocatore si chiamava Maradona.
Tempi senza anticipi o posticipi, di radioline all’orecchio e di Novantesimo Minuto con Paolo Valenti che interrompe Domenica In.

A quei tempi c’era l’ultima Fiorentina dei Pontello, dirigenza in declino e già con un piede fuori dall’uscio del mondo del pallone. La Fiorentina del dopo Antognoni, che dopo un decennio di lotte al vertice e pure uno scudetto sfumato proprio all’ultima giornata, se ne stava tristemente inchiodata a metà classifica con pericolose scivolate verso il basso.
La Fiorentina senza troppe ambizioni che, nella stagione 1988/89, in attacco schierava una coppia di ragazzini semisconosciuti e su cui nessuno riponeva grandi aspettative: Stefano Borgonovo e Roberto Baggio.
Il primo era stato girato in prestito dal Milan fantascientifico di Sacchi e degli olandesi in cui non avrebbe mai trovato posto. Il secondo era una promessa mai esplosa, pescato a Vicenza qualche anno prima e annunciato come enfant prodige ma che, per via di un gravissimo infortunio al ginocchio, era arrivato a Firenze in stampelle e non si era più ripreso.

Eppure, nonostante le premesse, nel ventre di quella Fiorentina apparentemente così abulica e ingrigita, quei due ragazzini ignorati dai più avrebbero scritto una storia pazzesca e indimenticabile, creando una delle alchimie più brevi (un anno appena) e più intense della storia del nostro calcio.
Quei due ragazzini avrebbero creato la “B2”, sigla creata per i loro cognomi dall’iniziale identica, sigla che ancora oggi, a Firenze e dintorni, è sinonimo di una stagione leggendaria senza troppo da aggiungere, tanto per chi quei due li ha visti giocare quanto per i ragazzi che trent’anni fa non erano nemmeno nati, ma questa storia l’hanno sentita raccontare milioni di volte.

E quella leggenda, Baggio e Borgonovo, la crearono in silenzio, senza strepiti, in punta di piedi. Col sorriso e con la leggerezza. Proprio così come erano loro, due ragazzi semplici e puri, sbarbati e quasi ingenui, taciturne e spirituali (buddista Roby, cattolicissimo Stefano), persone cui non piaceva apparire e che al pallone chiedevano solo di divertirsi e far divertire.

In campo seppero essere uno strano e meraviglioso tutt’uno, uno la prosecuzione dell’altra, un’intesa perfetta che dall’amicizia indissolubile della vita privata ogni domenica si travasava nel rettangolo verde. Si trovavano a memoria senza nemmeno guardarsi. Semplicemente, si sentivano. Con Baggio che, pur ancora senza codino, già era Baggio e già sapeva danzare sul pallone a passi di tango. E con Borgonovo che occupava l’area di rigore come un rapace implacabile, tanto di testa quanto di piede.
Nella stagione 1988/89 la “B2” portò a casa qualcosa come 29 gol (14 Stefano, 15 Roberto) e scaraventò, contro ogni pronostico, la Fiorentina in Coppa Uefa.
E su tutte ci fu quella partita, l’ultima di andata, contro l’Inter capolista, l’Inter dei record, l’Inter dei tre tedeschi e del Trap. L’Inter che, soprattutto, era ancora imbattuta e che in 16 partite aveva subito soltanto 4 gol. La “B2” 4 gol glie li fece in soli 90′, in un match rocambolesco e incredibile. Con la Fiorentina sotto per 3 a 2 a un quarto d’ora dalla fine. Un quarto d’ora in cui loro, i due ragazzini, Stefano e Roberto, la B2 insomma, si scatenarono come mai prima d’ora. Un quarto d’ora in cui Borgonovo fece la doppietta più bella della sua carriera regalando alla viola la vittoria per 4 a 3.

Poi il campionato arrivò al termine e il prestito di Borgonovo finì.
Nonostante il ragazzo avesse letteralmente supplicato Galliani di lasciarlo a Firenze, fu richiamato dal Milan e la B2 cessò di esistere.
Cessò di esistere sul campo, non nella leggenda e, soprattutto, non nella vita privata, dove i due protagonisti restarono amici al di là delle distanze e delle carriere diversissime che gli si spalancarono davanti dopo quell’anno meraviglioso: uno, Baggio, sarebbe diventato uno dei calciatori più forti del mondo, l’altro, Borgonovo, si sarebbe smarrito in una carriera di continui alti e bassi.
Un’amicizia immensa al di là del calcio e al di là di tutto, più forte anche e soprattutto della “Stronza”, ovvero la SLA, l’orrenda malattia che ha colpito e ucciso Borgonovo.
Anche in quel calvario sono stati vicini. Anche in quel calvario sono stati “B2”. E lo sono ancora oggi, oggi che Stefano non c’è più ma che Roberto, così schivo e taciturno, prende parola dopo tanto silenzio solo per salutare l’amico con una lettera pubblica.
Dove scrive:

“Quello che ci univa era una formula magica. La passione che leggevo nei tuoi occhi, unita al tuo sorriso gioioso e scanzonato, era la nostra via dove incontrarci”

E ancora:

“Non immaginava, la Stronza, di trovarsi a marcare un attaccante vero, un guerriero che fino all’ultimo ha saputo incoraggiare e sostenere chiunque”.

Baggio, finta, dribbling, assist… Borgonovo, gol.
Vita 1 – Stronza 0.

#storieRiccardoLestini

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *