Un uomo

Ma cosa vuol dire, cosa significa avere qualcosa – si dice in giro – come trentaquattro anni? Cosa vuol dire, cosa significa esattamente essere adulto, essere un uomo? Io non lo so, non ne sono capace. Ho occhi ancora feroci e disperati, sguardi ammalati di malinconie inconsolabili e tramonti che non si spiegano. Io ancora soffro per donne perdute nei labirinti urlanti della mia adolescenza, ancora non dimentico le mie fughe selvagge e terrose in riva al lago, i miei fanciulleschi assalti al cielo, le mie ridicole lettere d’amore al vento. Mi dispiace, mi dispiace davvero. Chiedo pietà, perdono a tutti, a tutti quanti voi, ma non ce la faccio. Che me ne faccio di spalle sorde e responsabili se non posso più urlare amore e rabbia nelle albe strazianti che nessuno sa? Che me ne faccio di questi trentaquattro anni se non posso più perdermi per i labirinti delle periferie del mondo e rubare occhi, rubare sguardi e gambe e schiene e parole e storie e purezze e dolori e tragedie e vite? Se non posso più affogare i miei occhi nelle luride pozzanghere ghiacciate e violentate dall’inverno, se non posso più abbracciare la spuma degli oceani e addormentarmi al suono materno dei treni e risvegliarmi accecato da praterie e luci di case che non conosco? Mi dispiace, non posso. Ho ancora segreti da non confessare, tradimenti da dare e ricevere, ho ancora fiducia negli amori dei miei vent’anni, ancora voglia d’amore, ancora voglia e speranza di sputtanare e distruggere tempo e spazio per raggiungere e morire nei tuoi occhi, mia musa di queste sere tempestose. E non so, né saprò mai, rinunciare a una sola ora d’amore per un impiego sicuro, non saprò mai misurare il tempo dei baci affamati e devastanti, non saprò mai barattare le mie amate insonnie con una vita tranquilla, i miei giorni disperati con un mutuo ventennale, miliardi di frasi d’amore con una stretta di mano. E ancora mi dispiace, mi dispiace davvero, ma non sarò mai uomo, forse già stanco d’esserlo appena nato.
Se vorrete, saprete riconoscermi. Sarò l’ombra muta della sera allungata da quei tramonti che non si possono raccontare. Sarò il castello oscuro e pericolante ai confini dell’impero. Sarò la rabbia che non si quieta, l’amore che non s’arrende, il fango e il fiore d’ogni giorno e ogni notte. Avrò vestiti passati di moda, in mano lo stesso identico libro e addosso la vita. La vita e nient’altro.

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