Le parole che non ti ho detto – A come… (parte prima)

A come…

ABBARBICARE, ovvero ciò che l’edera rampicante, impetuosa e implacabile, fa al muro rovente di pietra ricoprendolo delle sue foglie, avvolgendolo strettamente e con tenacia di quel verde accecante. Così ogni volta che un insondabile e incontenibile bisogno d’amore ci fa attaccare a qualcosa o a qualcuno con la medesima tenacia dell’edera, non ci avvinghiamo, non ci appiccichiamo, ma ci abbarbichiamo, affondando le nostre radici fin nelle viscere di quel qualcosa o di quel qualcuno da cui non riusciamo a staccarci.
E poi ‘bronzea notte/ che l’abbarbicato albero consuma’ (Bertolucci)

ABBACINARE, cioè l’antica orrenda forma di supplizio che consisteva nell’accecare la vittima facendogli tenere gli occhi aperti sopra un bacino rovente (‘lo ‘mperadore fece abbacinare il savio uomo maestro Pier delle Vigne’, scrive il Villani).
Ma scomparso il supplizio resta la parola, e si è abbacinati quando una luce forte, istantanea, ci priva momentaneamente della vista. E sono abbacinati gli occhi che si fanno lucidi e liquidi per febbre o altra alterazione, che Manzoni gli appestati li descrive proprio così: ‘visi gialli, distrutti, con cert’occhi incantati, abbacinati’. E siamo abbacinati quando questa luce, da fuori o di dentro che venga, ci confonde e ci smarrisce.

ACCIOTTOLARE, che è un piacere pronunciarla, questa parola, assaporarne le sillabe sulla lingua, nel palato, tra i denti. Un godimento così forte che vorresti ne avesse miliardi, di significati, per pronunciarla di continuo. Selciare il pavimento con i ciottoli ovviamente, ma anche quel rumore di casa rigovernata che sa di mamma e di nonna, quando due stoviglie battono l’una contro l’altra e fanno un rumore dolce e sordo simile a quello dei ciottoli: “all’una in punto si sente il suono, acciottolante che fanno i piatti” (Guccini).

ACRIBIA, ovvero l’estrema precisione, l’estremo rigore critico e metodologico, l’estrema esattezza e l’estremo puntiglio nella ricerca, nella valutazione della validità delle fonti, dell’attendibilità die contenuti, soprattutto negli studi storici. Peccato che non solo nessuno la usi più questa parola così importante, ma peccato anche – forse soprattutto – che al giorno d’oggi non conti più nemmeno il suo significato.

ACRIMONIA, ovvero quel suono aspro e pungente per nulla sgradevole che hanno a volte certi sapori o certi suoni, dissonanti ma, senza che tu sappia capirne il perché, funzionano e proprio nella dissonanza hanno la ragione della loro armonia. Questo un tempo. Oggi l’insieme indossolubile di astio rancoroso e asprezza d’animo. Non un animo aspro, non un animo astioso e rancoroso. Ma, esattamente, tutte le cose messe insieme. L’acrimonia appunto, quando non si è aspri per rancore, ma si è continuamente rancorosi per via di congenita asprezza.

ADDENDO, che odora di scuola elementare, lavagne e grembiulini rosa e azzurri. E perché nessuno li chiama più addendi, i numeri da sommare nelle addizioni? E che ricordi avranno mai questi bambini?

(continua, venerdì prossimo… )

#leparolechenontihodetto
#resistenzeRiccardoLestini

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