I Medici in TV: falsi storici, banalità, sciatterie e qualità inesistente

Alle fiction made in Italy brutte siamo, purtroppo, molto più che abituati. Specie se prodotte in tutto o in parte dalla tv di Stato (ma anche la Taodue, la casa di produzione di fiction direttamente associata a Mediaset, a prodotti scadenti non scherza affatto).

Eppure, a nostro modesto avviso, le prime due puntate dell’attesissima fiction storica “I Medici” (in onda in prima assoluta martedì su Rai Uno), sono andate ben oltre il brutto, ben oltre lo scadente.

E pensare che la presentazione in pompa magna, il clima da evento epocale nella storia della fiction costruito da mesi, il cast (Dustin Hoffmann su tutti) e la produzione internazionali, l’argomento splendido e ambiziosissimo, ci avevano sinceramente illusi, e se non proprio una rivoluzione nella storia della tv, almeno una fiction Rai finalmente di qualità ce l’aspettavamo.

Premesse completamente disattese: non solo ci siamo dovuti sorbire l’ennesima brutta fiction, ma il divario tra la pretesa di realizzare un grande affresco storico e il prodotto reale identico ad altre cento soap opera, hanno aggiunto al tutto, già pessimo e insostenibile di per sé, un che di ridicolo e grottesco.

Regia quasi inesistente, a tratti addirittura – e senza alcuna intenzione – amatoriale, fotografia piatta e molto più che superficiale. Gli attori sono tutti – e sottolineiamo tutti, Dustin Hoffmann compreso – completamente fuori posto, palesemente a disagio, senza intenzione, senza espressione, senz’anima. Alcuni – vedi Miram Leone e Alessandro Preziosi – totalmente inguardabili.

Ma oltre alla recitazione molto più che scadente, è proprio la scelta del cast che pare tutta sbagliata: non c’è un volto, dico uno, né attori né comparse, che possa essere vagamente riconducibile a un’idea di umanesimo e rinascimento (non per insistere, ma come diamine può venirti in mente di far interpretare Brunelleschi a Preziosi e pretendere che sia minimamente credibile?). E sì che parliamo di secoli, 1400 e 1500, per cui disponiamo di una quantità sterminata di fonti iconografiche. E non solo i volti sono sbagliati: completamente sbagliate le acconciature (vogliamo parlare della pettinatura di Richard Madden per Cosimo da giovane?), i vestiti (tutte quelle tinte scure sono completamente fuori il periodo storico, caratterizzato al contrario, tanto per i nobili quanto per i popolani da una sgargiante policromia) e i trucchi (vogliamo parlare dell’ombretto viola di Miriam Leone?).

Per non parlare della colonna sonora: invadente, invasiva, a commentare in maniera fastidiosa qualunque particolare. E il doppiaggio… completamente fuori sincro in un modo molto più che imbarazzante.

A tutto questo – particolari che purtroppo si condividono con moltissime altre fiction – si aggiungano le castronerie e i falsi storici. Non propriamente il massimo, per un prodotto che si presenta come un grande affresco storico.

Possiamo passare sopra l’inesistenza storica del personaggio interpretato da Miriam Leone (Cosimo il Vecchio non ebbe mai alcuna relazione con una lavandaia romana di nome Bianca, e l’unica relazione extra coniugale del politico fu con una schiava acquistata a Venezia, da cui ebbe anche un figlio), sopra la morte di Giovanni Di Bicci (morì in febbraio perciò, pur se avvelenato, il veleno non poteva essere, come mostrato nella fiction, nei chicchi dell’uva appena strappata dal filare) e sull’elezione dell’”antipapa” Giovanni XXIII a Roma (il celebre conclave si svolse in realtà a Bologna, dove il cardinale corrotto poteva meglio comprare i voti necessari), che possono pure rientrare in legittime libertà romanzesche funzionali alla fiction, ma è assolutamente ingiustificabile che nei rari scorci fiorentini concessi (e fare un film sui Medici e non mostrare a dovere Firenze appare francamente assurdo) compaia la facciata del Duomo così come è oggi (mentre ancora nel 1860 era incompleta), si mostri il CORRIDOIO VASARIANO (costruito nel 1565, mentre la fiction è ambientata nella prima metà del ‘400).

E al di là delle magagne tecniche, artistiche e storiografiche, anche questa fiction, come la maggior parte di questi prodotti, annega nella banalità più mediocre e sconcertante, riuscendo a trasformare un argomento complesso e affascinante in una sequela di amorazzi, intrighi e capricci.

Peccato, visto che la scalata dei Medici da ricchi banchieri a indiscussi signori di Firenze e famiglia nobile tra le più influenti e longeve d’Europa, pone un interrogativo universale e, di questi tempi, attualissimo: lo scontro tra l’idea dell’uomo forte e dell’uomo solo al comando sostenuto e venerato dal popolo, e l’idea di un potere diviso, bilanciato e distribuito tra più magistrature, ma gestito sempre da un’elite completamente invisa alla popolazione.

Sarebbe stato bello vedere un simile tema dibattuto in prima serata. Ne avremmo guadagnato tutti.

Non solo così non è stato, ma il risultato ci è parso assai più che catastrofico.

Alla fine meglio un Don Matteo brutto, scialbo e mediocre, ma palesemente privo di qualsiasi pretesa, piuttosto che un Beatiful in abiti storici (peraltro sbagliati) travestito da grande kolossal.

#resistenzeRiccardoLestini

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