Il Referendum Costituzionale (guida pratica per noi gente confusa… o il Referendum spiegato ai miei studenti)

In un geniale monologo sulla democrazia, il grande Giorgio Gaber menava fantastici e illuminanti fendenti contro le più tragiche assurdità della politica (“democrazia significherebbe potere al popolo… in realtà significa che tu scegli un partito che poi sceglie una coalizione che poi sceglie una persona che tu non hai mai visto e che deleghi a rappresentarti per cinque anni e che poi, giustamente, se la incontri per strada ti dice lei non sa chi sono io”).
In un passaggio di questo monologo, parlava proprio di Referendum: “il Referendum è una pratica di democrazia diretta, tutti possono decidere ed esprimere il loro parere su tutto… solo che se mia nonna deve decidere sulla variante di valico Barberino Roncobilaccio ha effettivamente qualche difficoltà. Per fortuna deve solo dire SI se vuol dire NO e dire NO se vuol dire SI”.

Il grande Gaber ce l’aveva, giustamente, con quella follia – improvvisamente diffusissima negli anni 80 e 90 – da “abuso di referendum”, quando cioè si indicevano (e si indicono ancora, ogni tanto) tornate referendarie per qualsiasi cosa, per piccolezze assurde, al punto da svuotare il significato stesso del Referendum (che dovrebbe servire per grandi tematiche di assoluto interesse pubblico, di interesse pubblico così assoluto da andare oltre lo schieramento politico e quindi da rendere necessaria una decisione popolare e non parlamentare) e il significato stesso della democrazia rappresentativa (io vado a votare alle elezioni politiche proprio per eleggere dei rappresentanti che si occupino di quei tecnicismi… se tu me li riproponi come referendum, io, che ti ho votato a fare?).

In questo caso, nel caso cioè del Referendum di ottobre prossimo (o novembre, o forse anche dicembre, chissà… ), in teoria il problema non si pone. Si tratta, o meglio si tratterebbe, di un Referendum Costituzionale, che chiede l’approvazione (o la bocciatura) di modifiche essenziali a quella carta costituzionale che da settant’anni custodisce i principi fondanti della nostra democrazia. Cose importanti insomma, cruciali, non quisquiglie da “abuso da referendum”, questioni che è giusto e sacrosanto vengano sottoposte al giudizio del popolo nella sua interezza.
Inoltre, non trattandosi di Referendum abrogativo, oltre a non esserci lo sbarramento del quorum (in questo caso il risultato è valido quale che sia la percentuale di votanti), non c’è nemmeno quel gioco perverso del NO che vuol dire SI e del SI che vuol dire NO.
In questo caso il SI vuol dire SI (cioè SI, vogliamo le modifiche alla Costituzione) e il NO vuol dire NO (cioè NO, le modifiche non le vogliamo).

Insomma, funziona come un matrimonio.
Semplice, semplicissimo, elementare. Almeno in teoria.
Sì perché se è facile il meccanismo, in questi mesi tutte le forze politiche (e quando dico tutte intendo proprio tutte) hanno fatto, letteralmente, il possibile e l’impossibile per fare in modo che gli italiani non capissero un bel niente di questo voto. Che, soprattutto, non capissero assolutamente per quale motivo vero e concreto sono chiamati al voto.

Per questo la domanda essenziale (a cui, come ho potuto verificare soprattutto in queste ultime settimane, davvero in pochi sanno rispondere) è: a ottobre (o a novembre o a dicembre, chissà… ) per cosa diavolo andiamo a votare? Quali sono queste benedette modifiche alla Costituzione?
Cerchiamo di rispondere in maniera chiara e schematica, di modo che tutti possano davvero – e finalmente – capire:

1.IL SENATO – la parte più importante della riforma costituzionale riguarda il Senato, vale a dire la fine di quel sistema – che ci governa da settant’anni – basato sul “bicameralismo perfetto”, ovvero l’esistenza di due camere (deputati e senato) con pari poteri.
Se vince il NO, resta il bicameralismo e tutto rimane come ora.
Se vince il SI il senato NON viene abolito (come erroneamente molti hanno capito), ma:
a)non saremo più noi ad eleggerlo, ma sarà nominato dai consigli regionali (questo perché già ora il senato è eletto su base regionale);
b)non si occuperà più di questioni basilari, come dare la fiducia al governo e votare la maggior parte delle leggi;
c)sarà abolita la “navetta”, ovvero quel doppio passaggio tra camera e senato che si verifica ogni volta che si deve approvare una legge.
Le ragioni del SI si basano su quella riduzione di parlamentari (e quindi dei costi della politica) voluta praticamente da tutti (anche se i senatori di fatto non scompaiono, ma esistono in altra forma) e, soprattutto, si basano su un altro tasto su cui gran parte dei partiti protagonisti della Seconda Repubblica hanno battuto in continuazione: lo snellimento della burocrazia, l’approvazione più rapida dei provvedimenti che l’esistenza di una sola camera comporterebbe.
Le ragione del NO si basano invece sul fatto che la presenza di una sola camera equivarrebbe a un disequilibrio di poteri, troppo potere concentrato sul solo governo (che può essere sfiduciato solo dai deputati) e conseguente svolta autoritaria della nostra democrazia. In particolare, la minaccia di autoritarismo è accentuata dal fatto che la riforma del senato è strettamente legata alla NUOVA LEGGE ELETTORALE, il cosiddetto ITALICUM, che prevede un premio di maggioranza assai consistente al partito (bene sottolinearlo, partito e non coalizione) che risulta vincitore alle elezioni. In sostanza, un partito che vince al ballottaggio, con – facciamo per dire – il solo 30% dei consensi avrebbe il controllo del 60% dell’unica camera esistente, esercitando di fatto un potere sterminato e mai visto nella nostra storia repubblicana.
Per questo motivo, specie ultimamente, molti esponenti del PD (ma non solo) si dicono favorevoli alla riforma del senato purché sia modificato l’Italicum. Tradotto: se l’Italicum resta così come è, bocciano la riforma (e votano NO), se l’Italicum invece viene modificato, accettano la riforma (e votano SI).

2.L’ELEZIONE DEI SENATORI
Se vince il NO, i senatori restano, come ora, 315.
Se vince il SI vengono ridotti a 100, di cui:
a)74 consiglieri regionali;
b)21 sindaci;
c)5 di nomina diretta dal Presidente della Repubblica, il cui mandato coincide con i sette anni di quello presidenziale.
Non è dato sapere come saranno scelti i 74 consiglieri e i 21 sindaci. Occorrerà probabilmente una elezione all’interno dei consigli regionali stessi, ma il testo della riforma non lo specifica.
Per le ragioni del SI, vedi sopra: riduzione del numero dei parlamentari, dei costi della politica, delle lungaggini burocratiche. Inoltre, da sempre la Costituzione attribuisce al Senato competenza specifica sulle regioni, competenza cui, per via del bicameralismo perfetto, i senatori non hanno mai assolto, mentre con la riforma potranno finalmente farlo
Le ragioni del NO, puntano tutto sulla vaghezza della riforma (non c’è alcuna indicazione sulle modalità dell’elezione dei senatori), nonché sul fatto che non viene eliminata l’immunità parlamentare, con il conseguente rischio di catene di conflitti di interessi: i consigli regionali che mandano in senato colleghi a rischio processo per salvarli dalle indagini.

3.LE REGIONI
Se vince il NO, tutto resta come ora.
Se vince il SI, viene modificato il TITOLO V della Costituzione, che regola i rapporti delle competenze tra Stato e Regioni. In sostanza le Regioni, con un Senato specificatamente dedicato ad esse, vedranno considerevolmente ridotti i loro poteri. E, contestualmente, verrà applicato il concetto – finora molto fumoso – di autonomie locali.
Le ragioni del SI puntano tutto sull’attuazione delle autonomie di cui sopra: finalmente, dicono, le autonomie tanto sbandierate entreranno a pieno regime, con la valorizzazione delle specificità territoriali e, anche in questo caso, con lo snellimento delle procedure burocratiche.
Le ragioni del NO invece sostengono che la riforma porterà a una confusione ancora maggiore di quella già esistente, con probabili contenziosi su cosa debba essere competenza del Senato e cosa delle autonomie Regionali. Inoltre, meno soldi per le regioni abbandonate di fatto a se stesse e, mentre chi sostiene il SI parla di decentramento del potere, dal punto di vista del NO la strada conduce all’accentramento del potere.

4.IL RISPARMIO
La riforma del Senato indica generalmente un “risparmio sui costi della politica”, ma non specifica quanto.
Calcoli attendibili parlano comunque di una cifra attorno a 400-500 milioni di euro.
Una cifra che va rapportata a un bilancio pubblico, quello italiano, attestato all’incirca sugli 800 miliardi di euro.
Date queste cifre oggettive, resta da chiedersi quale sia la reale incidenza del risparmio.

Concludendo – perché, prima o poi, questo discorso, per quanto importante, bisogna pur concluderlo:

a)a ottobre (o a novembre o a dicembre, chissà… ) saremo chiamati ad esprimere la nostra opinione su questioni a dir poco fondamentali della vita pubblica e del futuro del nostro paese… così importanti che è assolutamente necessario e indispensabile essere pienamente consapevoli di ciò che andiamo a fare alle urne;

b)nonostante l’oggettiva crucialità e importanza delle questioni in ballo, la politica nostrana gioca al massacro, a disinformarci il più possibile, con la conseguenza che, più o meno, siamo tutti convinti che a ottobre (o a novembre o a dicembre, chissà… ) andremo a votare esclusivamente per esprimere il nostro gradimento, o la nostra contrareità, al premier Renzi e al suo governo;

c)Renzi è stato il primo, mesi fa, a personalizzare squallidamente questo Referendum, poi però tutte le forze politiche si sono prestate a questo gioco vergognoso… vergognoso perché è una vergona, una autentica vergogna, ridurre questioni importanti e oltre la politica come le modifiche costituzionali, a una baruffa tra partiti;

d)questo gioco di personalismi ha generato, oltre a ulteriore confusione, paradossi a ripetizione.
Per esempio è un paradosso assoluto che Forza Italia, nella voce del generale Brunetta, si schieri compatta per il NO, visto che questa riforma rispecchia in pieno il volere del partito di Berlusconi, il suo credo ben prima dell’avvento di Renzi, al punto che prima dell’implosione del patto di Nazareno, Forza Italia questa riforma l’aveva sottoscritta in toto.
Quindi Forza Italia è d’accordo al 100% con la Riforma, ma vota NO solo ed esclusivamente per fare lo sgambetto a Renzi.
Ed è un paradosso assoluto che anche la Lega guidi fermamente il fronte del NO, visto che il suo leader, Salvini, chiede a gran voce un aumento consistente dei poteri dell’esecutivo. Un aumento che solo questa riforma potrebbe portare.
Quindi stessa cosa: alla Lega la riforma piacerebbe anche, ma vota NO per osteggiare Renzi.
E paradossale è la posizione della cosiddetta “sinistra” del PD, da sempre contraria a questa riforma, che però oggi, a patto di rivedere l’Italicum, è disposta a votarla. Ovvio che resta contraria, ma vota SI nell’ottica esclusiva di logiche di equilibri interni di potere.

e)la politica, nella sua totalità, sta dando l’ennesimo spettacolo pietoso. Coloro che dovrebbero essere i primi a ritenere serie e cruciali le questioni costituzionali si rivelano i primi a considerare la Costituzione carta straccia, tanto i promotori del Sì quanto quelli del No.
Per quanto mi riguarda, e spero voi facciate altrettanto, io non farò come loro.
Io ci tengo alla mia Costituzione. E andrò a votare e voterò NO. E voterò NO, benché antirenziano, non per fargli lo sgambetto. Ma perché questa riforma non mi piace e la vedo come la tomba di principi in cui credo, ho sempre creduto e per sempre crederò.
Per mandare a casa Renzi, utilizzerò altre forme e altri canali.
Ho una concezione troppo alta della mia Costituzione per sporcarla con questi giochetti.
Troppo alta per sporcarla con l’ennesimo spettacolo ridicolo all’italiana.

Vi saluto, sperando di essere stato chiaro e – per qualcuno – anche utile.

#resistenzeRiccardoLestini

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