Un itinerario all’alba
Firenze l’è piccina. Ma di molto piccina.
Certo tutta quella gente che ogni giorno, 365 giorni all’anno, arriva a percorrerla avanti e indietro, la fa sembrare un po’ più grande.
Si va avanti a spintoni per le vie del centro e per le piazze stracolme, e allora le distanze paiono più lunghe.
Ed è bella, tutta sta Babela continua di lingue e colori.
Solo che a volte vorresti un po’ di silenzio, un po’ di vuoto per riprendertela, la tua piccola città. O magari, se non è la tua, per scoprirla e godertela meglio.
La cosa migliore per farlo, almeno ogni tanto, almeno una volta, sacrificarsi per passeggiarsi sopra all’alba, a ore improbabili, tipo tra le cinque e le sei di mattina.
Ne vale la pena.
Tipo che Santa Croce è vuota, senza manco vigili e i tassisti. C’è solo Dante, il suo sguardo severo, e la facciata della cattedrale, che a quest’ora sembra ancora più grande e imponente. Soprattutto pare più bianca, più accecante.
Allora puoi passeggiare tra i rivoli d’acqua dei furgoncini dell’autolavaggio e andarle incontro, vedere la pietra più antica dietro la facciata, fare due o tre volte il giro della piazza, sederti sugli scalini, sentirti il re del mondo.
Magari passa un autobus, il 14 o il 23, per via Verdi, a squarciare il silenzio per un attimo. Per un attimo, perché pure il bus è irreale: va spedito come non mai, ed è vuoto.
Un bus fantasma.
I pochi segni di vita li trovi tornando indietro, da via Verdi a via de’ Benci. In via dei Neri magari incontri qualche reduce della notte di festa, gruppi di ragazzi stranieri stravaccati a terra attorno al Kebab che non chiude mai.
Strascicano e smozzicano parole, magari sono studenti Erasmus e quindi nell’aria viaggiano tutte le lingue del mondo dette a mezza voce, in un soffio.
Si apre qualche portone, quello prende la bicicletta, l’altro va in garage a prendere la macchina.
Come te, iniziano la giornata, e forse come te hanno addosso questa strana sensazione euforica di avere tre quarti d’ora di vantaggio sul resto del mondo, che ancora deve svegliarsi.
Da lì agli Uffizi, è un attimo.
Anche gli Uffizi, come e più di Santa Croce, sono vuoti.
Ma il tuo orecchio e il tuo occhio non lo accettano, e allora ti sembra ugualmente di sentire e vedere il casino brulicante del resto del giorno, le orde di turisti, le guide, le carrozze dei vetturini, i caricaturisti, i musicisti, gli artisti di strada, la fila assurda per entrare al museo.
Vedi e senti tutto anche se non c’è nessuno, come tanti fantasmi invisibili e danzanti.
Piazza Signoria è tua, a quest’ora.
Veramente tua.
Ti chiama, ti invita, ti tenta. Vorresti sederti lì, al centro della piazza, farti schiacciare dalla torre di Palazzo Vecchio e farti rapire dal Perseo della Loggia de’ Lanzi.
Quando ti avvicini a Santa Maria Novella, passando per San Lorenzo, ci sono scorci in cui la vita è già iniziata. Phone Center e Internet Point già aperti, pieni di immigrati che telefonano ai cari a quest’ora per via del fuso orario. A volte senti urla di gioia, e ti perdi a chiedere quale meraviglia possa essere mai accaduta.
Ci sono i rumori delle ruote dei banchi del mercato che scivolano sui sanpietrini, bar dove è già uno sbatacchio di tazze, tazzine e bicchieri.
Arrivi in piazza Santa Maria Novella ed è di nuovo deserto assoluto.
Solo il rumore degli uccelli, a volte altissimo, quasi assordante, che pare d’essere in un irreale altrove.
E forse ci sei davvero, nell’irreale.
E capisci perché la ami così tanto, questa città.
Sì, proprio bella Firenze all’alba.