Hanno ammazzato una donna “non bellissima”

Anche per pretendere una morte dignitosa, e per essere ricordata altrettanto dignitosamente, una donna deve essere, prima di ogni altra cosa, bella. Anzi, bellissima. Ovviamente “bella” nel senso di “attraente”, “piacente”, “eccitante”. O, se si preferisce, gettando la maschera misera del più trito politically correct, “fica”, “scopabile”.
Lo scopriamo così, nel bel mezzo di questo stupido febbraio, nel silenzio più assoluto, sotto una pila infinita di quintali di notizie ritenute di certo “più importanti”. Io per primo, distratto da altro, se in maniera del tutto casuale (e per vie molto più che traverse) non mi fosse capitato sotto gli occhi l’articolo di Maria Di Rienzo (giornalista, regista, animatrice del bellissimo blog “unanuvola”), non me ne sarei accorto.

I fatti, credo, sono abbastanza noti. Una donna, una mia collega della provincia di Torino, la professoressa Gloria Rosboch, è stata uccisa da un suo ex alunno ventiduenne e dall’amante di quest’ultimo, dopo che i due erano riusciti a circuirla in una truffa pari a 187mila euro.
Attirata in una discarica abbandonata e quindi brutalmente strangolata.
Così come credo siano abbastanza note le personalità della coppia omicida, sulla quale squadre di psichiatri da rotocalco e approfondimento televisivo, si sono buttate a capofitto cercando di sviscerare i perché e i percome dell’atto criminale.

Meno nota, o per meglio dire quasi completamente ignorata, la vittima.
Su di lei non si sono accesi i riflettori. O meglio, si sono accesi per evidenziarne la trascurabilità.
Perché? È su questo aspetto che l’articolo della Di Rienzo fa luce. E apre gli occhi.
Della Rosboch, su tv e carta stampata, appena tre fotografie, di cui due completamente sfocate.
E poi la collezione di epiteti:
“donna fragile e debole” (perché fragilità e debolezza, nell’età della forza esibita e ostentata, della furbizia come valore assoluto, sono le peggiori colpe di cui ci si possa macchiare); “sempre sola” (la solitudine invece non è un difetto, ma una malattia… i sani non stanno soli, fanno gruppo, branco, pensano, parlano e si comportano come un’unica massa); “una donna d’altri tempi” (vestirsi alla moda, essere “in” è il vero imperativo categorico del nostro mondo).
Tutte caratteristiche, secondo i giornalisti, che spiegherebbero il perché del tragico epilogo.
Questo il messaggio agghiacciante sotteso a questa informazione criminale: se una donna è fuori moda, fuori tempo, non impiega il suo tempo a truccarsi, a fare vita mondana, a rincorrere l’ultimo ritocco estetico, soprattutto se è sola e non ha un uomo accanto, si condanna da sola alla tristezza, alla fragilità, si condanna da sola a farsi facile preda di una coppia omicida.

Ma il posto d’onore nel profilo della donna tracciato da giornali e televisioni (“la ciliegina in questa tortina di fango”, come scrive giustamente la Di Rienzo) è l’espressione “non bellissima”.
La Rosboch non era bellissima. Oltre che sola, fuori moda e fragile, non era nemmeno bellissima. Cioè, suggeriscono i giornalisti nel loro eufemismo d’accatto, era “una racchia”, “un cesso”.
Perché certo, a una donna bellissima una simile sventura non sarebbe mai capitata (perché la donna bellissima non sarebbe mai stata sola, fuori moda, fragile ecc…. ).
Per di più, non essendo bellissima, non merita nemmeno che se ne parli troppo. Meglio concentrarsi sugli assassini che sulla vittima.
Per questo bastano due foto sfocate. Per questo la sua effigie, al contrario di altre vittime, non compare come sfondo nei salotti che contano dei pomeriggi televisivi, e per questo la sua fotografia in memoriam non tappezza i muri delle città.

Perché una donna “non bellissima”, in un mondo che è così maschilista al punto di non accorgersene nemmeno, non merita nemmeno di essere ricordata.
Non essere belle è una colpa che si paga carissima, anche dopo la morte.
Perché per una donna la bellezza (quella bellezza specifica, canonica, decisa e imposta secondo parametri che si vogliono incontrovertibili) è un dovere.
Dovere di femmina. Anche davanti alla morte.
Amen.

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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