Dove finisce la libertà di culto

Dove finisce il sacrosanto e dovuto rispetto alla libera espressione di tutte (tutte, sottolineato) le culture e dove cominciano la logica e il buonsenso?
Il confine non mi pare sia molto chiaro, specie dopo la mia consueta rassegna stampa mattutina e dopo l’altrettanto consueto giro di ricognizione su fb e affini.
Oggetto in questione, il provvedimento preso dalla Regione Lombardia (amministrazione leghista, presidente Roberto Maroni) circa il divieto di entrare nei luoghi pubblici a volto coperto.
Ovviamente, di questi tempi, dal momento in cui si parla di “volto coperto”, il pensiero di tutti corre al burqa e al niqab, i due “veli integrali” provenienti da alcune aree islamiche (il primo di ascendenza prettamente talebana, il secondo saudita e yemenita).
Evitando, almeno in questa sede, di approfondire tematiche – diciamo così – “etiche” strettamente legate alla specifica condizione della donna, mi limito qui a esprimere perplessità (profonda perplessità) circa il vespaio di polemiche e dibattiti scatenato dal provvedimento lombardo.
In sostanza, chiedo e mi chiedo: dove starebbe il “mancato rispetto” di una cultura o di una religione in un provvedimento del genere? Certo la matrice ideologica della giunta in questione a razzismo e xenofobia non scherza affatto, ma in questo caso, in questo provvedimento, dove starebbe il razzismo e la discriminazione? In definitiva: dove starebbe lo scandalo nel pretendere che chi accede a un edificio pubblico debba essere riconoscibile e, di conseguenza, a volto scoperto?
La delibera in questione, inoltre, non introduce nessuna particolare novità. Al contrario essa estende ai pubblici uffici quanto già previsto dall’articolo 5 della legge 152 del 1975 in materia di manifestazioni pubbliche: il divieto appunto di utilizzare mezzi atti a rendere irriconoscibile la propria persona. E infatti, nella delibera, non ci si rivolge esclusivamente al velo integrale ma a ogni mezzo di “occultamento”: caschi, passamontagna e via dicendo.
Io penso che il rispetto delle culture e il diritto a manifestarle liberamente sia la base essenziale e imprescindibile di qualsiasi società civile. E in quest’ottica, tanto per fare un esempio su mille, penso sia indispensabile che una società che voglia dirsi civile si impegni, promuova e favorisca la costruzione di specifici luoghi di culto e preghiera, promuova e favorisca la costruzione di moschee almeno nelle grandi città dove la comunità islamica è più estesa.
Ma logica e buonsenso tuttavia, sono altra cosa. Non stiamo parlando di veli come l’abaya, lo chador o come – quello universalmente più diffuso – l’hijab. Se così fosse, sarei il primo a salire sulle barricate. Parliamo di veli integrali il cui divieto, in specifici contesti, va completamente al di fuori di motivazioni “culturali” o “di civiltà”.
Penso anche, in conclusione, che le motivazioni di fondo che hanno spinto la Lega a prendere questa decisione siano profondamente viziate da odio culturale e sostanzialmente insincere, ma ciò non toglie che, in quanto a logica, sia inattaccabile. Oppure, scagliandoci contro la delibera, vogliamo rivendicare il diritto per ogni cittadino a entrare in banca con un passamontagna o all’ufficio postale con il casco in testa?
Corriamo il rischio – altissimo in certi ambienti che, mio malgrado, conosco alla perfezione – di un folle “razzismo al rovescio”.
Se poi l’obiettivo di fondo è dare addosso alla Lega, nessun problema, la cosa è fattibile quotidianamente, senza doverci arrampicare allo specchio del velo integrale: di abomini inconcepibili e dichiarazioni irricevibili ne fanno a decine, ogni santo giorno.

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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