Lo stato laico

(ovvero: cattocomunisti e clericofascisti ai tempi di Papa Francesco)

Strani giorni, canterebbero – ognuno a modo loro, si capisce – Jim Morrison e Battiato.
Giorni in cui – e qui invece ci (ri)vorrebbe Gaber – il vecchio ritornello “che cos’è la destra/ che cos’è la sinistra” si diverte più del solito a mescolare le carte in un gioco di ruoli impazzito e grottesco.
Giorni dove la laica “sinistra” riscopre tutto il suo misticismo cattocomunista e la “destra” clericofascista rinnega ogni dottrina confessionale. O, viceversa, dove il cattocomunismo si spoglia di scintille messianiche e missionarie e il laicismo liberista si riveste di cesaropapismo estremo.

In definitiva: giorni in cui, a seconda dell’opportunità e della convenienza elettorale, si vuole un cattolicesimo al mattino totalmente separato dalla scena politica e alla sera totalmente protagonista della scena politica.

Così, se il Vaticano tuona contro i matrimoni omosessuali ribadendo la necessità di difendere la famiglia tradizional-cattolica, Salvini o chi per lui, in completa tenuta clericofascista, si affretta non solo a solidalizzare con le opinioni della Chiesa, ma a riportarle in ogni dove (comizi, social network, tv… ) come prova inconfutabile di quanto la Lega, e la destra in genere, siano dalla parte del giusto: no ai matrimoni gay, no alle adozioni gay, lo ha detto la Chiesa, l’Italia si fonda su radici cristiane, la politica deve tenere conto delle posizioni del Vaticano ecc ecc ecc…

Dall’altra parte, in perfetta tenuta laico-oltranzista, replicano, ovviamente, dicendo: lo Stato è laico, lo Stato è sovrano, lo Stato non è confessionale il Vaticano pensasse a benedire e a battezzare e non si intrometta, Papa e preti si facessero gli affari loro, il cattolicesimo mica è religione di stato, politica e religione devono procedere indipendenti e senza inteferenze ecc ecc ecc…

Se però poco dopo dal Vaticano spalancano le braccia ai profughi dicendo “ogni parrocchia accolga almeno una famiglia di rifugiati”, ecco che Salvini e la destra, d’incanto, cambiano radicalmente idea. E gridano: lo Stato è laico, lo Stato è sovrano, cosa vuole il Vaticano dall’Italia? Pensassero a fare i preti che alla politica ci pensiamo noi, politica e religione devono procedere indipendenti e senza interferenze ecc ecc ecc…

Ovviamente cambiano idea pure dall’altra parte, ognuno riscoprendo la più autentica vocazione cattocomunista e affrettandosi a far rimbalzare le dichiarazioni del Santo Padre in ogni dove, presentandole come testimonianza ineluttabile della giustezza delle proprie posizioni politiche, che il cattolicesimo ci ha insegnato a essere umani, che la civiltà si base su radici cristiane ecc ecc ecc…

In questa autentica e totale schizofrenia ideologica, un elettore qualunque, dell’una e dell’altra parte, potrebbe giustamente non capirci più niente e chiedersi legittimamente: ma allora quando uno Stato deve essere laico?

Il fatto è che un “vero” Stato laico, civile, maturo e progredito, dovrebbe essere laico sempre. E sempre dovrebbe agire in maniera laica e indipendente da qualsiasi confessione religiosa, indipendentemente dalle questioni che affronta, siano esse squisitamente tecniche o specificatamente etiche.
Un vero Stato laico, civile, maturo e progredito, non si preoccurebbe delle posizioni del Vaticano. Le rispetterebbe, ma poi si comporterebbe in maniera completamente autonoma. Di certo non le aspetterebbe con trepidazione per farne vessilli a sostegno della propria tesi o per scagliarcisi contro.

Anche perché, prendiamo le due questioni riportate prima come esempio: cosa dovrebbe mai dire la Chiesa Cattolica?
Quando la Chiesa si schiera contro le unioni gay, non prende posizione politica, semplicemente esprime un’opinione coerente ai propri dogmi, tra i quali vi è la sacralità e l’unicità del matrimonio tra un uomo e una donna.
Allo stesso modo, quando chiede accoglienza per i profughi, essa non fa altro che mettere in pratica la parola di Cristo riportata nei vangeli.

Posizioni pressoché scontate, di cui la politica non dovrebbe fare altro che prenderne atto.
Invece no. I politici italiani, Salvini in primis e poi via via tutti gli altri, addirittura pretendono, a seconda delle dichiarazioni profuse, di stabilire “chi è un vero prete, un vero vescovo” e chi no.
I politici italiani salgono e scendono dagli altari ecclesiastici come fossero delle giostre, arrivando a pronunciare frasi ai limiti dell’assurdo: “il Vaticano deve accogliere i matrimoni gay” (no, il Vaticano può benissimo scegliere di non accoglierli, perché essere cattolici è una scelta, non un obbligo, e se lo si sceglie si sa a quali regole etiche occorre sottostare, mentre uno Stato deve garantire parità indipendentemente dalle scelte etiche e religiose), “il Vaticano deve aiutare prima gli italiani” (no, il Vaticano non è degli italiani, il cattolicesimo è diventato religione universale ai tempi del primo concilio tra i Santissimi Paolo e Pietro, e tutto ciò che appartiene al Vaticano in territorio italiano, giusto o sbagliato che sia, gode di un’extraterritorialità fiscale e non decisa a suo tempo dalla destra, confermata dal centro e dalla sinistra e mai messa in discussione da nessuno).

Lo dico da laico non credente, favorevole sia ai matrimoni gay sia all’accoglienza: ci siamo a lungo, giustamente, scagliati contro l’eccessiva ingerenza del Vaticano nella vita politica dello Stato italiano. Forse, soprattutto alla luce delle dichiarazioni impazzite di questi ultimi giorni, dovremmo cominciare a chiederci quanto non sia lo Stato stesso, per primo, a chiederla e a “pretenderla” questa ingerenza.

Riccardo Lestini

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