Il poliziotto che rifarebbe mille volte la Diaz

Si chiama Fabio Tortosa.
Nel 2001 aveva ventotto anni e faceva parte del VII Nucleo di Polizia che la notte tra il 21 e il 22 luglio fece irruzione nella scuola Diaz.
Fu dunque, Fabio Tortosa, uno degli autori materiali del massacro di 93 manifestanti inermi, molti dei quali sorpresi dai primi colpi di manganello ancora dentro i propri sacchi a pelo.
Uno degli esecutori di quella che, come stabilito dalla Corte Europea di Strasburgo, fu una barbara e ingiustificata tortura.
Uno delle decine e decine di agenti impuniti e a tutt’oggi impunibili per quel massacro, visto che in Italia i lavoratori delle Forze dell’Ordine non hanno, sui caschi e sulle divise, alcun codice di riconoscimento, visto che la richiesta di introdurre questo codice – avanzata per oltre dieci anni dal Comitato Verità e Giustizia – è stata puntualmente ignorata e visto che, in questi giorni, l’Onorevole Matteo Salvini ci ricorda che introdurre quei codici equivarrebbe a fare un favore ai “ladri” e ai “delinquenti”.
Se poi è vero che Fabio Tortosa, come egli stesso afferma, quella notte non aprì nessuna testa e non usò violenza su nessun manifestante, non cambia nulla. È colpevole in egual misura. Colpevole di connivenza, omessa dichiarazione, copertura omertosa dei colleghi picchiatori e torturatori.
In ogni caso Tortosa era lì. È lui stesso a ricordarcelo, in queste ore, sulla sua pagina facebook. Non solo ce lo ricorda, ma rivendica la sua presenza con orgoglio. Italico orgoglio, mi viene da aggiungere.
La frase “ero alla Diaz e lo rifarei mille e mille volte” ha ovviamente fatto il giro dei social network e dei mezzi d’informazione tradizionali. Scatenando polemiche, dibattiti, spesso indignando e altrettanto spesso trovando sponde e appoggi che hanno dell’incredibile.
Eppure c’è di più, molto di più, scritto dall’agente Tortosa a proposito della scuola Diaz. Un di più forse ancora peggiore di quella frase infelice che ha ottenuto diverse centinaia di “like” e condivisioni.
Vediamo almeno i punti salienti:

1)”Esistono due verità”, scrive Tortosa. “La verità processuale si è conclusa con la condanna di alcuni vertici della polizia di stato e del mio fratello Massimo Nucera a cui va sempre il mio grande rispetto ed abbraccio”. Il “fratello” Massimo Nucera è il poliziotto che, al fine di incriminare manifestanti innocenti, si procurò da solo una falsa coltellata al giubbotto antiproiettile. Lo hanno stabilito le indagini, le perizie, i riscontri e, infine, le sentenze. Chiediamoci: in cosa si dovrebbe rispettare un rappresentante di Stato che agisce in questo modo? In che cosa? Ci indigniamo per i politici che frequentano escort, favoriscono le carriere di veline e affini, che fanno festini a base di cocaina. Come giudichiamo un poliziotto graduato che cerca di incastrare innocenti inermi accoltellandosi da solo?
2)”Poi esiste la verità con tutte le lettere maiuscole”, prosegue Tortosa. E quale sarebbe? A suo dire, la verità con la V maiuscola sarebbe il fatto che loro – lui e gli altri poliziotti presenti – sarebbero stati “inculati”. Da chi? Chi avrebbe cercato di incularli? Indagini, perizie, riscontri e sentenze hanno dimostrato che la versione raccontata da qualsiasi agente delle forze dell’ordine era completamente falsa. Chi era che cercava di fregare?
3)”Non cercavamo la gloria”, scrive ancora Tortosa nella sua personale apoteosi, “volevamo contrapporci con forza, con giovane vigoria, con entusiasmo cameratesco a chi aveva, impunemente, dichiarato guerra all’Italia”. Chi aveva dichiarato guerra all’Italia? Chi? Per quale motivo? Chi si ricorda le motivazioni che spinsero 300mila persone da tutto il mondo a scendere in piazza a Genova in quei giorni? E infine, sempre parlando dell’Italia, chiude: “un paese che mi ha tradito ma che non tradirò”. A me risulta che l’Italia non abbia mai tradito la Polizia. Ma che anzi, nel caso di Genova, l’abbia protetta, nascondendone i crimini più efferati. Ha tradito semmai i suoi cittadini, negandogli la verità, permettendo una tacita sospensione dello stato di diritto, ogni atroce violenza.
4)Non pago, Tortosa ha proseguito nelle ore successive con altri commenti. Come ad esempio “spero che Carlo Giuliani faccia schifo anche ai vermi sottoterra”. Nessun commento, se commentassi sarei costretto a scendere al livello infimo di Tortosa.
5)Per dovere di cronaca: qualcuno, ovviamente, dopo queste dichiarazioni ha dato a Tortosa del fascista. Lui si è affrettato a smentire: “fascista io? Non scherziamo… alle ultime elezioni ho votato PD”.

Riordiniamo le idee.
Certo sono scandalizzato, indignato, incazzato nero, se mi si passa il termine, per tutto questo.
Ma la cosa non mi sorprende. No, non mi sorprende affatto. Perché?
Procediamo di nuovo per punti:

1)Tortosa ha parlato. O meglio ha scritto. E ha scritto senza censurarsi. Non ha fatto altro che mettere NERO SU BIANCO i pensieri di MOLTISSIME PERSONE. A testimoniarlo non ci sono soltanto i centinaia di “mi piace”, i commenti altrettanto agghiaccianti al suo post, ma c’è soprattutto L’IDEA GENERALE DI QUESTO PAESE, allergico alla verità, sordo al racconto effettivo dei fatti.
2)Soprattutto Tortosa ha messo nero su bianco IL PENSIERO DIFFUSO (la tentazione è di scrivere “unanime”) delle forze dell’ordine. Tortosa dice “a Genova abbiamo agito con le palle”. Ebbene, il leggere “torture e pestaggi” come dimostrazione di “avere le palle” è il pensiero comune delle forze dell’ordine, lo scambiare “l’operazione di ordine pubblico” con l’ordine di “fermare orde di potenziali assassini”, idem. In tutti questi anni in cui incessantemente mi sono occupato di Genova ho cercato più volte il confronto a posteriori con Polizia e Carabinieri: il risultato è stato sempre lo stesso, sempre quello detto sopra, anche quando nel settembre 2003, alle festa de l’Unità dell’Isolotto, a Firenze, al termine del mio spettacolo ci fu un dibattito con un esponente del SIULP, il sindacato “illuminato e democratico” delle forze dell’ordine. Medesimo risultato. Mai avuto un cenno di dubbio, di pentimento, di assunzione delle proprie responsabilità, di indignazione per quanto successo. A tutt’oggi, L’UNICO POLIZIOTTO CHE SI E’ INDIGNATO PER I FATTI DELLA DIAZ E’ IL COMMISSARIO MONTALBANO, CHE NEL ROMANZO “GIRO DI BOA”, EDITO NEL 2002, IN SEGUITO AI FATTI DI GENOVA DA’ LE DIMISSIONI.
3)E nessuno si aspetti che arrivi ora, questo sacrosanto gesto di indignazione, adesso che sulla vicenda si è espressa anche la Corte Europea. Impossibile, perché vige all’interno delle Forze dell’Ordine, un clima corporativo di copertura reciproca granitico e inattaccabile. Non importa cosa abbia fatto un poliziotto. In quanto poliziotto, lo si difende. Una logica assurda che però i poliziotti non riescono a mettere in discussione. Faccio un esempio: se un mio collega maltratta brutalmente uno studente, io non lo copro in quanto “professore”. Anzi, proprio in quanto professore, sento il dovere di denunciarlo per primo. All’interno delle forze dell’ordine le cose funzionano in maniera diametralmente opposta.
4)Cosa fanno le istituzioni? Al solito, temporeggiano. Dicono che “faranno accertamenti” sulle frasi scritte da Tortosa. Ma cosa c’è da accertare? Che cosa? C’è un Pubblico Ufficiale che ha palesemente rivendicato con orgoglio un atto criminale riconosciuto come tortura a livello internazionale. Quali sono gli accertamenti? Un Pubblico Ufficiale ha detto cose disgustose su una persona uccisa. Quali accertamenti occorre fare? Quali? Altro esempio: ogni anno, quando siedo in commissione per gli esami di maturità, mi si ricorda di misurare le parole, i rischi che corro, gli obblighi in quanto, in quel frangente, sono a tutti gli effetti un Pubblico Ufficiale. Perché tutto questo non vale per le forze dell’ordine?

Concludendo.
Chiedo:
-CHE IL PRESIDENTE MATTARELLA, A NOME DELLO STATO ITALIANO CHE TORTOSA IN QUANTO PUBBLICO UFFICIALE RAPPRESENTA, SI SCUSI CON TUTTI I MANIFESTANTI PRESENTI A GENOVA, IN PARTICOLARE SI SCUSI CON I 93 DELLA DIAZ E CON LA FAMIGLIA DI CARLO GIULIANI
-CHE SI AVVII UN DIBATTITO PUBBLICO SUI FATTI DI GENOVA TRA NOI MANIFESTANTI E LE FORZE DELL’ORDINE
-DAL MOMENTO CHE IL MIO E’ UN PROFILO PUBBLICO, I POST SONO PUBBLICATI IN CHIARO E TRA LE MIE AMICIZIE C’E’ ANCHE GENTE DI OPPOSTE VEDUTE, CHIEDO CHE UN DIBATTITO INIZI ANCHE QUI, SU QUESTE PAGINE. E, PER FAVORE, NELLA DISCUSSIONE, NON TIRATEMI FUORI PASOLINI E LA STORIA DEI “SOTTOPROLETARI IN DIVISA”: CHIEDO UN DIBATTITO NUDO E CRUDO SUI FATTI DI GENOVA. SUI FATTI CERTI E NIENT’ALTRO.
VI ASPETTO, POLIZIOTTI E NON

Riccardo Lestini

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