Perché si scrive

Scrivo perché non so fare altro e non ho altro da lasciare, né a me stesso né a chiunque si interessi ai miei occhi e al mio incerto camminare per le strade del mondo. Perché vorrei che i personaggi e le parole inventate dalla mia penna fossero tutto ciò che rimanesse di me, quando di me tutto il resto sarà dissolto.
Scrivere. Scrivere è una malattia e un privilegio. E per farlo ho bisogno di amare la vita piangendo, di vivere mille vite senza farne parte, di essere felice e disperato, di accumulare capitali di notti insonni lunghe come viaggi all’estero. Sulle autostrade di queste notti incontro milioni di persone. E incontro anche voi, magari con altri nomi, magari intenti a fare tutt’altro. Ma siete voi, anche se a volte non sapete riconoscervi nelle mie storie, siete voi anche se vi camuffo tra gli imbrogli della letteratura.
Scrivo. Scrivo per me stesso e di me stesso e non penso mai agli altri, prima e mentre scrivo. Ci penso dopo, quando le mie parole arrivano ai vostri occhi e quel me stesso sparisce per sempre trasformandosi in qualcosa su cui non ho alcun controllo né diritto.
Scrivo. Scrivo perché sono un uomo coi pugni chiusi e i sorrisi rabbiosi. Un uomo che grida piano nel mercato delirante della vita, in mezzo agli occhi, le strade, i portoni, gli smisurati desideri e gli inconcepibili amori. Un uomo che grida piano senza avere quasi mai ragione. Un uomo che fotografa senza decenza o pudore gli occhi degli infelici, le stanze della miseria, i cuori degli sconosciuti, gli odori inebrianti delle donne. Scrivo perché sono un uomo fortunato. Ho avuto e ho una vita meravigliosamente piena di amori e di sbagli, e ho avuto il coraggio di gettar via la vergogna per poterveli raccontare.

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