Ode alla vita felice – 3

Destini, date, numeri, coordinate, meridiani, paralleli. La vita è un caos intricato di incroci e coincidenze, di uguali e contrari che si sfiorano, si toccano, si ricorrono e quasi non credi possibile siano casuali. Perché anche l’anno scorso era aprile ed era primavera. L’anno scorso a Venezia era una serata tiepida e la donna rossa fatta di carne e calze nere mi aspettava alla stazione e mi trascinava nel suo vortice di calli e ristoranti deserti, piante rampicanti sui muri e mani sui fianchi. E un bacio in piedi lungo il cammino alla fine, improvviso eppure ovvio, scontato, inevitabile come i suoi occhi accesi di desiderio che squarciandomi il respiro come una lama mi dissero: “Portami a fare l’amore, adesso”. E spariva la luna e spariva Venezia sotto i nostri piedi e restava la stanza minuscola e asfissiante d’un misero albergo. Oh, la donna rossa e il suo corpo nudo e ansimante e mio e solo mio, regalatomi senza chiedere nulla in cambio, sudore e respiri e graffi e ore d’amore e l’odore del mare dalla finestra a ricordarmi Venezia. E infine la donna rossa addormentata, bellissima, nuda, cosce infinite e schiena di latte e io in piedi, irrequieto come un treno a vapore, chilometri di pensieri in testa e nemmeno un sussulto di gioia o amore. Io che scendevo in piazza nella notte più profonda con in bocca una sigaretta che sapeva di rimpianto e amarezza e solitudine, guardavo l’albergo e non vedevo altro che tristezza in quella facciata stinta e silenziosa, pensavo alla donna rossa e non provavo niente se non abbandono e vuoto e disperazione. E aspettavo mattina, terreo e sfinito, la luce del giorno per sorridere e salutare tutto e tutti, salutare Venezia e salutare l’albergo, salutare la donna rossa e il suo corpo. Per sempre. Scappare e scappare, soltanto scappare: maledire la vita e maledire me stesso.

Ma anche oggi, un anno dopo, è aprile, anche oggi è primavera. Oggi a Milano, frenetica e aperta come un ruggito e io non ho paura, perché la ragazza dagli occhi verdi mi cammina accanto, la città è nostra e tutto è vita nel suo sorriso, vita la folla che fende e travolge e non guarda, vita le vertigini gotiche e i ristoranti brulicanti di voci, vita i quadri e le luci accese della sera, vita l’impazzito brulicare della notte e i taxi sfreccianti sui navigli, vita i batticuori solitari e condivisi. E non sparisce Milano e non spariscono le luci di ogni ora del giorno anche quando resta solo la stanza minuscola d’un misero albergo. E spariscono semmai le pareti in rovina e i colori opachi e posticci delle porte, lasciando il posto alle favole per una notte e alla ragazza dagli occhi verdi che dorme e lo stringersi delle nostre mani e le sue guance di pesca e il mio cuore che si stringe e balla e sorride. E infine mi addormento felice e felice mi sveglio, felice di vivere, di amare la vita e di amare la ragazza, felice di amare questo amore senza baci e spaventosamente immenso, felice di non chiedermi niente e di non cercare alcun perché.
Felice di vivere e di amare senz’altro da aggiungere.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *