Ode alla vita felice

A quelle cose non ci aveva mai creduto. Ma quella donna ubriaca e sconosciuta aveva occhi troppo limpidi e sinceri. Così era rimasto ad ascoltarla mentre gli prediceva il futuro, senza tarocchi o sfere di cristallo, ma solo scrutandolo nell’anima e azzeccando pressoché ogni cosa. Lo aveva turbato, ma le cose che aveva detto e previsto erano belle, bellissime, luce e nient’altro. Così adesso lui, ripensandoci, era felice. Così felice che c’era ben poco altro da dire. Così felice che tornare dalla ragazza salutata poco prima e che da mesi gli faceva battere il cuore, avrebbe avuto tutto un altro sapore. Perché adesso sapeva cosa fosse la felicità, e voleva abituarcisi. Aveva finalmente capito che non c’è felicità senza pazzia, che essere felici vuol dire essere pazzi, folli, irragionevoli. L’orologio segnava le ventitre e due minuti. Cinquantotto minuti, si disse spegnendo l’ultima sigaretta, cinquantotto minuti e poi nulla sarà più come prima. Decise che a mezzanotte in punto sarebbe impazzito e che, finalmente, sarebbe cominciata la sua vita felice

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